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lunedì 29 maggio 2017

Nosepolis e Bondeifemo, le città dei contro e dei pro

Martedì scorso, alla presentazione de L'osmiza sul mare alla Biblioteca Comunale Quarantotti Gambini, si è parlato anche di nosepolismo cosmico e nogascopismo :)
E quindi quale migliore lettura se non la storia di Nosepolis e Bondeifemo, le città dei contro e dei pro.
Per chi non è potuto passare, ci sarà una nuova presentazione mercoledì 31 maggio alle 17 presso la Biblioteca Comunale Stelio Mattioni.
Passate a trovarci! :)





L'Osmiza sul mare lo trovate in tutte le librerie di Trieste e Bisiacaria a 10 euri.
Oppure comodamente online a questo link.
O anche in formato ebook.

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mercoledì 22 febbraio 2017

Mona honoris causa

Per festeggiare la presentazione di ieri de L'osmiza sul mare (grazie ai presenti!) pubblichiamo il racconto del fungo, letto ieri in anteprima.
Grazie a Massimo Tuttotrieste per la foto del cartel che se trova a Santiago de Compostela.
Qua le altre anteprime: Arsalan, genio moderno; La leggenda del pirata arciere; Nosepolis e Bondeifemo, città dei pro e dei contro.


MONA HONORIS CAUSA
il racconto del fungo

Comunicazione sindacale di nomenclatura regnicola.
Il regno dei funghi dichiara piena solidarietà a se stesso per le continue discriminazioni alle quali viene quotidianamente sottoposto dagli altri regni, in particolare da quello animale, in particolare dalla classe dei mammiferi, in particolare dall’ordine dei primati, in particolare dalla specie Homo sapiens. Cattivi.
Riportiamo, a titolo di esempio, alcune intercettazioni captate dai nostri servizi segreti, utilizzando dei piccoli microfoni ambientali di nostra invenzione che l’Homo sapiens ha successivamente copiato denominandoli “cimici”, unendo così al danno del furto di tecnologia la beffa del nome, derivato dal regno animale e non da quello dei funghi. Cattivi.

Intercettazione A
Homo sapiens 1: - Ciao, sai che ho un animale?
Homo sapiens 2: - Ma dai! Che bello! Sarà carinissimo! Mostramelo che me lo spupazzo un po’!

Intercettazione B
Homo sapiens 1: - Ciao, sai che ho un pianta?
Homo sapiens 2: - Ma dai! Chissà che bella ed elegante, mostramela!

Intercettazione C
Homo sapiens 1: - Ciao, sai che ho un fungo?
Homo sapiens 2: - Oddio!!! Dove??? Non sarà mica contagioso? Non toccarmi! Andiamo subito in ospedale, devi assolutamente farti vedere!

Come si può notare, il regno dei funghi subisce un trattamento ingiusto e penalizzante rispetto a quello degli animali e delle piante. Cattivi.
Chiediamo dunque una revisione della nomenclatura, atta a garantire d’ora in poi un maggior rispetto della nostra dignità di individui bisognosi di attenzioni, coccole e belle parole. Sia dunque messa al bando la parola Funghi. Per indicare il nostro regno d’ora in poi si utilizzerà unicamente il nome Miceti, che ci garantirà finalmente un trattamento pari a quello del regno degli animali, come da esempio.

Esempio A
Homo sapiens 1: - Ciao, sai che ho un miceto?
Homo sapiens 2: - Un micetto? Ma dai! Un piccolo micio! Ma che carino!!! Dove? Mostramelo!

Per quanto riguarda gli altri due regni, Protisti e Monera, che per millenni hanno fatto i finti tonti pur di non venir discriminati (ed infatti la maggioranza dei presenti li avrà sentiti nominare oggi per la prima volta), proponiamo che vengano riuniti in un unico regno, denominato Mona.
Oltre che per la somiglianza con il nome Monera, l’etimologia del nuovo regno dei Mona si basa sul famoso detto triestino “far el mona per no pagar el dazio”, ovvero esattamente “fare i finti tonti”.
Infine, a parziale risarcimento dei danni morali fino ad oggi inflitti al nostro regno, chiediamo che anche l’Homo sapiens sia da oggi aggregato al regno dei Mona.
Un mona honoris causa.


Bon, e adesso non vi resta che andare a comprare l'osmiza sul mare e regalarlo a tutti!
Se no anche voi sarè mona honoris causa! :P

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lunedì 6 febbraio 2017

Giapponesi in un'osmiza sul mare

Giapponesi in osmiza. E non una qualsiasi, ma propio una Osmiza sul mare!
Per bon!
Una television giaponese ga fato sto bel documentario a Trieste. E dove i xe andai?
In Osmiza, ovio! :)
Notar la presenza ala fine de Beps che ga sonado el tram de Opcina per lori. Mitico.
E dopo el ghe ga fato aprezar tuto el cd dela galina con tre teste (che tra l'altro desso se trova anche su itunes qua).
Ben fata, osmiza internescional!




martedì 17 gennaio 2017

La leggenda del pirata arciere

Eccoci! Per festeggiare il quinto posto da dicembre nella classifica della narrativa italiana in Friuli Venezia Giulia pubblichiamo una nuova anteprima ciolta da L'Osmiza sul mare, il bellissimissimo 'ssai roba figon spaziale che bel che bel libro che trovate in tutte le librerie di Trieste, Bisiacheria, e da questa settimana anche Udine e Gorizia (Ubik, Feltrinelli, Cormons, San Daniele, Cividale... insomma in giro un poco partuto!), nonché online a questo link. O in ebook qua.
Ecco la storia di Julian Raven, il temibile pirata arciere capace di affondare qualsiasi nave con una sola freccia. Daghe! Salpa anche tu sulla Freccia della Morte!
(P.S. Chi non avesse letto le altre anteprime, eccole: la storia di Arsalan, genio della lampada moderno, e la storia di Nosepolis, città del No se pol.)


LA LEGGENDA DEL PIRATA ARCIERE
Il racconto del marinaio

- Che mi prenda un colpo se quello non è... nostromo! Prenda una scialuppa e vada sulla spiaggia a recuperare quel pezzo di legno, subito!
Questo fu l’ordine che il comandante mi diede, molti anni fa, quand’ero imbarcato su un mercantile che faceva rotta tra l’Inghilterra e le piccole Antille. Quel giorno, poco dopo, sarei venuto a conoscenza di una storia di mare, navi, capitani, frecce e amore. Di quelle che ci raccontiamo noi marinai, la sera, davanti a un bel boccale di birra con in sottofondo nient’altro che il rumore delle onde e dei gabbiani in volo. Preparate i calici, perché stasera anche voi brinderete al mito di Julian Raven, il temibile pirata arciere!
Ciò che ero stato mandato a recuperare su quella spiaggia altro non era che un banalissimo cuore inciso in una corteccia d’albero. Al suo interno, due iniziali, J e S. Il comandante lo guardò, soddisfatto, e un sorriso comparve in quel suo viso altrimenti perennemente austero.
- Lei è molto giovane, - mi disse - e probabilmente non sa cosa abbiamo trovato oggi. Questo cuore racchiude in sé una delle più belle leggende del mare, un tempo conosciuta da tutti, ma ormai quasi completamente dispersa nell’oblio delle correnti. Questa sera raduni l’intero equipaggio sul ponte, perché è giunto il momento che qualcuno ne onori la memoria.
E così, quando fummo tutti riuniti, il comandante iniziò il suo racconto.

Vi è stato un tempo in cui andar per mare non era sicuro come oggi. Tutte le principali rotte commerciali pullulavano di pirati, pronti al saccheggio anche per il più misero bottino. Tra questi, il più temuto era Julian Raven.
Aveva lunghi capelli corvini e occhi glaciali, che non lasciavano trasparire alcuna emozione. Se ne stava lì, in silenzio, con l’arco in mano, in piedi sulla polena della nave. Sull’albero maestro sventolava il suo Jolly Roger, riconoscibile perché sotto al teschio, al posto delle ossa, aveva due frecce. Ma quando riuscivi a distinguerle era già troppo tardi. Julian Raven aveva già scoccato il suo dardo, e il destino della tua nave era segnato.
Nessuno era mai riuscito a scoprire il segreto nascosto nel suo arco. Si parlava di qualche sorta di patto col diavolo, di qualche maledizione voodoo, di stregoneria, di magia nera. Sta di fatto che bastava una delle sue frecce per affondare qualsiasi tipo di imbarcazione. Il tutto senza che vi fosse alcun danno visibile allo scafo. La nave, semplicemente, diveniva sempre più cupa e pesante, quasi avvolta da un’aura nera di morte, finché, in breve, iniziava inesorabilmente ad affondare. Giusto il tempo che bastava ai suoi uomini per depredarla, fuggire e lasciare i sopravvissuti in balia dell’oceano. Questo era il modus operandi di Julian Raven, il Pirata Arciere, e la sua fama aumentava giorno dopo giorno, freccia dopo freccia, bottino dopo bottino, cadavere dopo cadavere.
Finché, un giorno, qualcosa cambiò. Perché in tutte le storie che si rispettino arriva sempre qualcosa che muta il corso degli eventi, che fa cambiare verso alla ruota del destino.
La Sea Mauler era la nave più potente della marina militare inglese. Un vascello di primo rango con centoventi cannoni distribuiti su tre ponti. Una fortezza galleggiante, ottocento uomini di equipaggio armati fino ai denti, utilizzata per le missioni più delicate e a rischio.
Quel giorno, la Sea Mauler stava scortando il nuovo governatore di Barbados sull’isola. Un uomo scelto per la sua fedeltà alla corona, ma anche per la sua spietatezza verso i contrabbandieri, di cui Barbados in quel periodo era piena, con grave danno economico per gli affari inglesi. Il viaggio si era rivelato tranquillo e senza imprevisti di sorta, probabilmente a causa del timore che la sola sagoma di quella nave incuteva. Si trovavano ormai a poche decine di chilometri dalla meta quando, dalla coffa, l’uomo di vedetta scorse l’inconfondibile Jolly Roger della Freccia della Morte, la nave di Julian Raven.
Lui era già lì, sulla polena, l’arco teso pronto a sfidare la Sea Mauler senza alcun timore. Bastava solo trovare il punto giusto da colpire. Ogni nave aveva un punto debole, uno solo, e lui sapeva trovarlo e centrarlo anche da quella distanza.
Ma quel giorno, proprio nel momento in cui stava per scoccare la freccia dannata, con la coda dell’occhio vide qualcosa di inaspettato. Vide capelli biondi che scendevano liberi e sinuosi, come la sagoma di un delfino nell’acqua. Vide un volto dai tratti delicati, armoniosi e leggeri come il volo di una sterna. Vide gli occhi di chi stava osservando il mare. Due occhi in cui l’infinità del mare si rifletteva, perdendocisi dentro. Due occhi così profondi da poter contenere tutte le meraviglie del mare, e forse anche di più. Due occhi di donna.
Sul ponte della nave inglese c’era una donna. La figlia del governatore, Sheryl Lyon. La donna più bella che Julian Raven avesse mai visto. E quegli occhi incrociarono il suo sguardo, pur essendo così lontani. E fu un attimo. La scintilla esplose, e Julian ne fu travolto. Esattamente nel medesimo istante in cui la Freccia della Morte fu travolta dai colpi generati da altre scintille, quelle dei cannoni della Sea Mauler.
Il pirata arciere venne catturato assieme a tutti gli uomini della sua ciurma. Mentre lo portavano, ammanettato, nelle celle sottocoperta, passò accanto a Sheryl così vicino che i loro corpi si sfiorarono, e ne avvertì il profumo, dolce come il frutto della maracuja. Lei, affascinata dalla sua nobile postura e dallo sguardo imperturbabile, non poté fare a meno di chiedersi come un uomo così bello potesse celare un animo così malvagio.
La notizia della cattura di Julian Raven fece in breve tempo il giro dei sette mari. La sua pubblica esecuzione fu il primo atto firmato dal nuovo governatore di Barbados, che non si era fatto scrupoli a negargli la possibilità di un regolare processo, visto lo straordinario ritorno di immagine che quella storica impiccagione poteva dargli.
Ma non aveva fatto i conti con la curiosità della figlia.
Sheryl ben presto si recò nelle prigioni, ancora ammaliata dalla misteriosa figura del pirata e desiderosa di conoscerne la storia. E così lui le raccontò di una vita fatta di assalti, ruberie, morti, tradimenti, navi affondate, tesori sepolti e tutto ciò che di peggio può esserci nella carriera di un pirata che si rispetti.
Mentre parlava, tuttavia, si rese conto che non lo faceva più con il solito animo freddo e distaccato con cui aveva affrontato mille battaglie, ma che qualcosa di nuovo lo stava avvolgendo, qualcosa che non conosceva. Gli occhi di lei riflettevano le sue parole, rimandandogli indietro tutte le sofferenze che aveva causato, e lui non poté fare a meno di rimanerne profondamente turbato. Finché sul viso di Sheryl comparve anche una lacrima. Lui la prese e la osservò. Quanto dolore poteva essere contenuto in quell’esile goccia, che ora stava scivolando via dalla sua mano? Quante nefandezze poteva racchiudere e portare con sé quel minuscolo oceano salato?
Poche ore lo separavano ormai dall’esecuzione. Lei, ancora scossa dai suoi racconti, prese coraggio e volle chiedergli di svelarle l’ultimo dei suoi segreti, la magia nascosta nel suo arco. Lui rispose che l’avrebbe rivelato solo in cambio della libertà. Sheryl lo guardò, conscia di trovarsi al cospetto di un pirata assassino con un passato dalle mille colpe, ricercato da tutte le autorità del mondo conosciuto. Ebbe però l’impressione che il suo sguardo fosse diverso, che quella lacrima avesse lavato via tutti i delitti, e che ora nei suoi occhi si vedesse la trasparenza di un animo puro. Decise di fidarsi, e aprì la cella.
Julian la prese per mano e scapparono, assieme, rifugiandosi in un bosco lì vicino. Inseguiti in breve dalle guardie, trovarono riparo dietro un vecchio albero, giunto ormai alla fine dei suoi giorni, ma che ancora si ergeva con dignità e fierezza. Lì trattennero il respiro, in silenzio, rimanendo così per un tempo che pareva interminabile. E i loro corpi e le loro labbra, così vicini, conclusero ciò che già era iniziato nel loro animo fin dal primo sguardo.
Fu allora che lui le svelò il segreto. Prese un coltello e incise sull’albero un cuore, e dentro vi disegnò le loro iniziali. Una J e una S. Esatto. Il pezzo di corteccia che abbiamo appena ritrovato sulla spiaggia.
- Il mio arco - le disse - colpisce le navi dritte nel cuore. Non affondano, muoiono. Il legno di ciascuna nave apparteneva ad un albero, e di questo conserva la storia. Per ognuno di essi esiste un punto dove qualche essere vivente ha lasciato il proprio messaggio d’amore. Un nido, una carezza, una tana, un bacio. Quello diventa il cuore dell’albero, e pulsa di vitalità. Colpisci quel punto, e l’albero morirà. E con esso qualsiasi nave.
Sheryl annuì.
- Quindi questa incisione ora è il cuore di quest’albero, e il suo legno porterà sempre con sé la forza del nostro amore. Chissà, magari un giorno con esso costruiremo la nostra nave, per poi salpare e vivere liberi nel mare.
Non ci crederete, ma fu proprio così. Perché il destino è tutt’altro che cieco, e spesso adora trasformare una bella storia in una vera e propria leggenda. Il vecchio albero, neanche avesse sentito le parole della ragazza, cadde quella notte stessa, quasi a offrir loro il proprio servigio. Nel medesimo istante, i due fuggitivi raggiunsero la costa orientale dell’isola, ricca di falesie, scogliere a picco e grotte nascoste, battuta da fortissimi venti atlantici e perciò evitata come la peste dalle rotte navali. Qui, sentendosi ormai al sicuro, decisero di mettersi alla ricerca di un giaciglio protetto dove trascorrere la notte.
Ben presto però i due si accorsero di non essere soli. Cinque robusti uomini di colore, avvicinatisi col favore delle tenebre, li circondarono, per poi scortarli all’interno di una grotta, senza proferire parola.
Stavolta entrambi prigionieri, Sheryl e Julian giunsero in un’ampia sala sotterranea, illuminata da un grande fuoco posto proprio al centro, dove ad attenderli c’era quello che probabilmente era il capo di quella piccola comunità. Erano schiavi, evidentemente riusciti a fuggire in qualche modo e ora insediatisi in queste grotte. Stiamo parlando degli anni in cui una grossa fetta dell’economia dei paesi coloniali si basava sulla tratta di questi uomini, tanto che Barbados, la cui popolazione indigena era ormai estinta, era stata ripopolata proprio con gli africani impiegati nelle piantagioni di zucchero. Cotone, stoffe e rum partivano poi periodicamente dal Nord America e dall’Europa, destinati a finire in quella parte dell’Africa occidentale divenuta tristemente famosa come la Costa degli Schiavi. E così il cerchio si chiudeva.
I tre si trovavano ora faccia a faccia. Al capo bastò uno sguardo per rendersi conto che la ragazza che lo fissava altri non era che la figlia del governatore dell’isola. Sicuramente una ghiottissima occasione per poter barattare la sua vita con la propria libertà. Julian invece gli era sconosciuto, evidentemente la sua fama di pirata non era ancora arrivata fino ai ranghi più bassi della popolazione. Illuminato solo dal tenue rossore del fuoco, in silenzio lo osservava, pensieroso, valutando cosa fare di quell’uomo dagli occhi di ghiaccio.
La tensione del momento fu interrotta da un boato improvviso, che fece tremare la volta del sotterraneo. Una cannonata, cui presto ne seguì un’altra, e un’altra ancora, seminando il panico tra i presenti, che si misero a fuggire in tutte le direzioni, come in un formicaio impazzito.
Approfittando dello scompiglio, Julian eluse la sorveglianza degli africani e corse fuori dalla grotta. Si arrampicò su uno degli scogli più alti, da dove poté vedere l’origine delle esplosioni. Una nave inglese, della ricca flotta dei mercanti di schiavi. Evidentemente si erano accorti che qualcuno era riuscito a fuggire ed erano venuti a riprenderselo, prima che la notizia si diffondesse troppo, andando a minare l’onore e la reputazione della compagnia.
Senza pensarci due volte, Julian tese l’arco e scoccò il dardo che portò morte da una parte ed eterna riconoscenza dall’altra.
La nave s’inabissò, ormai priva della propria anima, mentre un caloroso abbraccio accolse il pirata al suo rientro. Il capo degli schiavi ora nei suoi occhi vedeva la luce della libertà. E questa poteva avere una sola forma: quella di una nave con cui salpare.
Recuperarono il legno dell’albero caduto e si misero immediatamente al lavoro. In poche settimane nacque la Libertà Alata, un’imbarcazione più piccola della Freccia della Morte, l’ideale per non dare troppo nell’occhio, ma veloce come il demonio. Il legno della chiglia, nonostante l’età, era incredibilmente resistente ed emanava una sorta di energia che gli africani non riuscivano a spiegarsi, ma che Julian e Sheryl, che ne conoscevano il segreto, capivano bene.
Così iniziò la seconda vita di Julian Raven. Il suo arco ora non serviva più a razziare e depredare, ma si ergeva a difesa dei più deboli contro i soprusi dei governi europei. Sheryl, che aveva visto con i suoi occhi quel mondo seguendo le tappe della carriera del padre, conosceva benissimo le rotte degli scambi, e ben presto la loro nave divenne l’incubo delle potenze coloniali.
 Le flotte dei mercanti di schiavi subirono moltissime perdite, al punto che la maggior parte delle compagnie fallirono o furono costrette a cambiare attività e, spinte dall’entusiasmo generato da quell’ondata di improvvisa libertà che si stava via via diffondendo, numerose furono le insurrezioni spontanee che si conclusero con la vittoria. A detta di molti, la Libertà Alata ebbe un ruolo fondamentale nella fine dello schiavismo, che qualche decennio dopo sarebbe diventato solo un triste ricordo.
Ma, come tutte le storie più belle, anche quella di Julian Raven giunse all’epilogo.
La sua freccia, un giorno, incontrò la chiglia che la respinse. Una chiglia mai stata testimone di alcun gesto d’amore. Una chiglia fredda, priva di alcuna emozione, che mai era nata, mai era cresciuta e mai aveva vissuto. Una chiglia inerte, incapace di empatia con le altre creature. Erano iniziati i tempi delle navi di ferro.
Nessuno seppe più nulla di Julian, Sheryl e della Libertà Alata. Scomparirono del tutto da un giorno all’altro. Qualcuno li dette per morti, qualcun altro disse che scelsero di trascorrere gli ultimi anni della loro vita su un’isola anonima, in pace. I tempi moderni, in fondo, non erano più adatti a lui e alla sua storia. Qualcuno mise addirittura in dubbio la loro esistenza, e la veridicità di questo racconto. Ma c’è anche chi è pronto a giurare, forse dopo una bottiglia di rum di troppo, che ancora oggi il fantasma di Julian Raven navighi in questi mari e che la forma ad arco dell’arcipelago delle Antille altro non sia che un chiaro omaggio di madre natura alla sua leggenda.

Quando il capitano ebbe finito il suo racconto, una stella cadente passò esattamente sopra il ponte della nostra nave, lasciandosi dietro una scia così luminosa da sembrare vicinissima, quasi da poterla sfiorare con un dito. Eppure non vi nascondo che io, e con me molti altri, pensammo che quella non fosse affatto una stella, ma una freccia scoccata dall’arco di Julian Raven, pronta a fare la sua comparsa in cielo ogni volta che qualcuno ne narri le gesta. Chissà se anche oggi, quando usciremo da questa osmiza, alzando gli occhi verso le stelle potremo godere di questo spettacolo. E ora in alto i calici, alla memoria del pirata arciere e del grande cuore della Libertà Alata!


Bon, e adesso non vi resta che andare a comprare l'osmiza sul mare e regalarlo a tutti!
Se no ala prossima Barcolana ve troverè de fianco Julian Raven!

L'Osmiza sul mare lo trovate in tutte le librerie di Trieste e Bisiacaria a 10 euri.
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sabato 31 dicembre 2016

Le sette trasgressioni del Capodanno triestino ultrarock

Benon. Vi avevamo dato la ricetta del perfetto Natale triestino.
E a Natale sono tutti più buoni. Ora, dopo aver passato un Natale con un-poco-de-quel-che-se-ciama, è ora di passare un Capodanno ultrarock'n'roll, carico di eccitanti trasgressioni da veri ribelli figoni metropolitani, che a confronto i Guns'n'roses xe mocolosi cagainbraghe.
Sette trasgressioni ultrarock, come i sette peccati capitali. Ocio a no farve becar.
Dress code: NO BAVERO per no farse ciapar!

  1. Scendere in città in bici passando per il marciapiedi di Via Giulia per schivare le temibili auto in seconda.
  2. Legare la bicicletta a un palo ben sapendo che a due chilometri c'è uno stallo libero.
  3. Tirare un minicicciolo alle 23.29 e un altro all'1.01.
  4. Festeggiare la mezzanotte in strada aprendo la lattina di Lasko che avevate nello zaino.
  5. Sedersi su qualche gradino a mangiare il paninetto che avevate nello zaino.
  6. Concludere la nottata di bagordi sdraiandosi su una panchina di Piazza Venezia. Fuck the squaraus & mal de schena, you're a rebel!
  7. Comprar una copia del belissimo libro l'Osmiza sul mare. Eheh pubblicità (non) occulta. Ah ma i negozi sarà serai. Bon, spetè el 2 dei :)

ATTENZIONE. ARTICOLO VIZ AD ALTO TASSO DI PERICULO.
DON'T REPEAT AT HOME! DON'T REPEAT IN THE CITY!



Bon, e adesso non vi resta che andare a comprare l'osmiza sul mare e regalarlo a tutti!
Se no San Nicolò el prossimo anno se vestirà de Babbo Natale per insempiar la gente, ocio!

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martedì 27 dicembre 2016

Osmiza starter pack

Continua la piccola guida mononica dedicata alle osmize, che in realtà xe la solita super scusa per far publicità al belissimo libro l'Osmiza sul mare, ovio!

Dopo:
  1. i dieci motivi per andar in osmiza,
  2. i cinque migliori personaggi da osmiza e
  3. le cinque peculiarità del vin de osmiza

ecco l'OSMIZA STARTER PACK, che riassume in un solo pupolo tutto ciò di cui avete bisogno quando andate in osmiza.




Bon, e adesso non vi resta che andare a comprare l'osmiza sul mare che non può mancare nel vostro starter pack!
Se no no i ve fa entrar in osmiza, ocio!

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martedì 20 dicembre 2016

I 5 migliori personaggi da osmiza


Ebbene sì. Continua la serie delle monade da Osmiza.
Dopo i dieci motivi per andar in osmiza, le cinque peculiarità del vin de osmiza e la storia di Nosepolis, città del no se pol, ecco oggi i cinque migliori personaggi che si possono incontrare in osmiza.
Tutto questo, ovviamente, per pubblicizzare il nuovo bellissimissimo libro L'osmiza sul mare, che trovate in libreria a 10 euri oppure online a questo sito, al momento al quinto posto in classifica dei libri più venduti in Regione. Daghe!

I CINQUE MIGLIORI PERSONAGGI DA OSMIZA


  1. Quel cola chitara.
    Immancabile in una vera osmiza che si rispetti. Spesso accompagnato da quel cola fisa. Animerà la serata facendo cantare tutti Finanziere, el tram de Opcina, l'omo vespa e vi commuoverà con Marinaresca. Si alimenta a biceri de rosso.
  2. Quel cola chitara che sbaia.
    Assomiglia in tutto e per tutto a quel cola chitara.
    MA: tacherà banda con "le bionde trecce gli occhi azzurri e poi...". Non lascerà l'osmiza verticale. O per il troppo vino, o per le lignade dei muloni che voleva QUELA BELA CHE CONOSSI TUTI
  3. El petesson.
    Di solito in compagnia con l'imbriagon, el storto, el bevandela, Toni Piria, el duro, el carigo, l'ulmo, el pien, el ciolto, el ciapado, el spanto, l'imbalinado, el s'ciocado, l'impetardà, el spanado, el folgorado, el carburado, l'incandido, l'incatramado, l'incanfarado, el cusinado, l'imbumbido, el disfà, el dilanià, el rovinà, el disunì, el squaià e l'alegro andante con brio.
    Bon insoma tre quarti del'osmiza dei ;)
  4. El vecio che bati carte.
    Che gioca rigorosamente a cotecio, gioco che rappresenta lo spirito del triestino medio: o te ciapi tuto e te fa capoto, opur xe meo lassar che fazi i altri.
  5. El vecio che varda el vecio che bati carte.
    E commenta. E consiglia. E fa i conti. E sa a memoria tutte le carte uscite fino ad ora. E ha le mani dietro la schiena. E soprattutto, colleziona svariati biglietti di sola andata per andar a remengo.
  6. El vecio ranzido.
    Quello che l'osmiza una volta non era così. Ci si divertiva, ci si ubriacava, si spaccavano bottiglie, si guidava spolpi, si insultava la polizia, si finiva in carcere, ma sempre USANDO LA TESTA E COL MASSIMO RISPETTO PER GLI ALTRI. No come desso che i fa quel che i vol e no i ga pel cul nissun.
  7. La baba ranzida.
    Quella che dei no dir monade iera sempre cussì andemo casa.
  8. La baba patata.
    No, non è vero, non c'è. O forsi dovè bever ancora un poco.
  9. El molesto.
    Quello che invece vede babe patate ovunque e cerca di ingrumarsele, ma fallirà miseramente a causa dell'incapacità di imbastire una frase più complessa dell'ormai obsoleto "te se missi col mio amico?"
  10. L'oste.
    Eh bon, il personaggio migliore di tutti, quello che porta el magnar e el bever po!

    Ou ma no doveva esser cinque i personaggi?
    XE CINQUE, solo che ormai dopo tropi otavi vedè dopio.

Bon, e adesso non vi resta che andare a comprare il libro e regalarlo a tutti!
Se no le prossime volte in osmiza becherè solo quel cola chitara che sbaia, ocio!

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E per restar agiornado cole monade, iscrivite ala monadesletter:


sabato 17 dicembre 2016

Le 5 peculiarità del vin de osmiza

Continua la settimana dedicata alle Osmize (Qua i dieci motivi per andare in Osmiza e la storia di Nosepolis, città del No se pol). Insomma ogni scusa è buona per parlare del nuovo bellissimo libro L'osmiza sul mare.
L'obiettivo di questo viral guerrilla luganeega marketing xe che gavè le bale talmente piene de sta Osmiza sul mare che domani andè in libreria e le comprè tute cussì no ghe ne xe più e po bon ;)
Oltre che in libreria a 10 euri, lo trovate anche comodamente online a questo link.

LE CINQUE PECULIARITA' DEL VIN DE OSMIZA


foto ciolta da frascheprivateosmize.wordpress.com


  1. Ci sono due tipi di vino: bianco e rosso.
    O bianco e nero, a seconda del tifo calcistico. Da non confondere però col nero-caffè, se no xe casin e l'oste no capissi più gnente.
    Il rosso può essere delle seguenti tipologie:
    A. Bon, dei, se pol bever.
    B. Xe asedo ciò.
    Il bianco può essere delle seguenti tipologie:
    A. Bon, dei, se pol bever.
    B. Doman matina go un tuono in testa ou.
    Combinandoli assieme, il risultato della vostra esperienza in osmiza potrà dunque essere uno dei seguenti:
    AxA= Che bela che xe Trieste.
    AxB= Stamatina go un trapano intel zervel ma ara che bei labri rossi sexy che go.
    BxA= Figada, go bevù ben e me son anca condido la rucola.
    BxB= I orari de visita a Catinara xe dale 14 ale 15, passè trovarme e ricordeme chi son.
  2. Il vino in osmiza non costa un clinz. E per otimizar l'istrianità, te pol regolar la gradazion de spritz in base al miglior raporto petess/bori. L'istrian top rank bevi aqua nusando el vin. E el se impetessa comunque.
  3. La macchia di vino rosso si lava col vino bianco. Poi la macchia di vino bianco si lava col vino rosso. Poi sto mix di macchie si lava cola trapa. Poi la camisa sarà ormai una merda, manderè a remengo sta monada, spuzerè de alcol, resterè a torso nudo ma canterè avanti e viva l'A e po bon.

  4. Il vino favorisce la socialità. Almeno, questo xe quel che te par de ricordar che i te gaveva dito. Stamatina però, distirado per tera in strada senza gnanca saver come te ghe son rivà, te son bastanza sicuro de esser solo come un mona.
  5. Una coppa di buon vino fa coraggio e fa morbino.
    Ocio. El mulo ga l'asso de coppe e te la sta per cazar a cotecio.
  6. Bonus per muleria degli anni '90. Pochi lo sanno, ma il temibile colpo segreto di Phoenix "fantasma diabolico", altro non è che l'effetto di una mina galattica de vin bianco de osmiza.
    Per chi non ricordasse il colpo in questione, ecco un video esplicativo:



Bon, e adesso non vi resta che andare a comprare il libro e regalarlo a tutti!
Se no Phoenix ve fa el fantasma diabolico, ocio!

L'Osmiza sul mare lo trovate in tutte le librerie di Trieste e Bisiacaria a 10 euri.
Oppure comodamente online a questo link.


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giovedì 15 dicembre 2016

Nosepolis, la città del no se pol

Secondo racconto in anteprima tratto da L'osmiza sul mare, il libro regalo di natale più cocolo del mondo. Dopo la storia comica di Arsalan, il genio moderno, ecco la storia di Nosepolis e Bondeifemo, due città vicine geograficamente ma lontane per mentalità.

Questa è una delle ventitré storie contenute nel libro, che è appunto una raccolta di racconti di generi diversi, narrati dagli strampalati personaggi che troveremo ai tavoli dell'Osmiza sul mare.
Lo trovate in libreria a 10 euro o comodamente online a questo link.

LE CITTA' DEI PRO E DEI CONTRO
Il racconto dell'anziano coi baffi

Quella che vi racconto è una storia antica, molto antica. Parla di due città, Nosepolis e Bondeifemo, geograficamente vicine, ma culturalmente molto distanti.
Nosepolis era famosa per essere la città del no se pol, del non si può. Il perché era presto detto. Ogni volta che veniva proposta una nuova iniziativa, subito c’era chi organizzava dei comitati contrari, e ben presto ci si ritrovava tutti in piazza a protestare. C’era chi era contro perché il progetto gli arrecava un danno, chi perché cambiava le proprie abitudini, chi perché andava a intaccare il suo portafoglio e c’era infine chi era contro per principio, perché, diceva, “Se finora è andato bene così, non c’è motivo di cambiare”. Esisteva, a dirla tutta, anche un’ala moderata, che non si dichiarava totalmente contraria alle novità, ma seguiva l’equilibrata linea di pensiero riassunta dal motto “Quando si fanno le cose, bisogna farle perfette, altrimenti è meglio non farle”. Spesso, durante le manifestazioni contro, lo scherno raggiungeva un livello molto alto, e in numerose occasioni si arrivava addirittura agli insulti.
La città vicina, Bondeifemo, era invece l’esatto opposto. Ogni giorno c’era chi proponeva dei progetti e delle iniziative inedite, spesso anche strane. E subito si organizzavano manifestazioni pro.
Erano le città dei pro e dei contro.
Col passare del tempo la città dei contro cominciò inevitabilmente a soffrire di un certo immobilismo. Tutto era perennemente uguale a se stesso, e Nosepolis stava pian piano chiudendosi nel limbo dell’obsolescenza.
La città dei pro, invece, non solo realizzava i progetti via via proposti, ma addirittura favoriva gli incontri e lo sviluppo quotidiano di idee sempre nuove. Perché alle manifestazioni pro si respirava uno stimolante spirito collaborativo, e spesso le persone si scambiavano opinioni su come migliorare ulteriormente la realizzazione di un progetto, o si proponevano in prima persona per dare il proprio contributo. Insomma, si respirava un’aria di continuo sviluppo.
Finché arrivò il progetto vento.
A quei tempi, il vento non esisteva. Esistevano le correnti del mare, quelle sì. Ma il vento no, era qualcosa di sconosciuto, almeno nelle due città dei pro e dei contro.
Un giorno un mercante giunto da un mondo lontano si presentò ai due sindaci, dicendo loro che gli sarebbe piaciuto trasferirsi in quelle terre, che trovava così ricche di fascino. E per impreziosire la propria richiesta, offrì loro un dono: il vento. Ma il vento era uno solo, o c’era o non c’era, per cui serviva il benestare di entrambe le città per poterlo accettare.
Subito gli abitanti della città dei pro organizzarono una manifestazione a favore del vento. Una novità così stimolante diede immediatamente la stura alla loro fantasia, e già c’era chi ne decantava i possibili utilizzi, per la costruzione di nuovi mezzi di trasporto o come fonte di energia per i mulini.
Gli abitanti della città dei contro, di rimando, scesero in piazza a manifestare contro il vento. Un elemento dalla tale forza e imprevedibilità non poteva portare con sé nulla di buono. E se anche qualcosa di buono ci fosse stato, finora ne avevano sempre fatto a meno, quindi tanto valeva continuare così, senza rischi di sorta, fedeli alle loro abitudini consolidate.
La situazione sembrava dunque trovarsi in uno stallo difficilmente superabile, viste le posizioni diametralmente opposte delle due popolazioni.
Finché uno dei cittadini più carismatici di Nosepolis disse che in un’occasione così importante, con addirittura un’altra città da convincere riguardo alla malvagità della prospettata novità, i soliti slogan e insulti non erano sufficienti, ma andava messo in atto un gesto di disprezzo estremo. Pisciare sull’iniziativa altrui, questo andava fatto.
E così fecero. Al mio tre, disse il cittadino carismatico. E al suo tre tutti gli abitanti della città dei contro orinarono contro il vento.
Le conseguenze di quel gesto di scherno sono facili da immaginare.
Da quel giorno gli abitanti della città dei contro compresero che forse organizzare sempre manifestazioni contro non era la strada migliore verso il progresso. E così, piano piano, come in tutti i grandi cambiamenti, la mentalità della città si trasformò, e anche Nosepolis divenne più aperta alle novità.


Bon, e adesso non vi resta che andare a comprare il libro e regalarlo a tutti! 
BON DEI FEMO! ;)

L'Osmiza sul mare lo trovate in tutte le librerie di Trieste e Bisiacaria a 10 euri.
Oppure comodamente online a questo link.
O anche in formato ebook.

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martedì 13 dicembre 2016

I dieci motivi per andar in Osmiza

Ah, l'osmiza. Ecco i dieci motivi per cui i triestini amano le osmize. Da oggi uno in più: il bellissimo libro L'Osmiza sul mare che trovate in libreria! (messaggio promozionalsubliminale).

  1. Perché l'osmiza xe el paradiso del triestin.
    Qualchidun obieterà che invece xe Barcola.
    Xe vero. Solo che co te tiri i crachi a Barcola, svolando in ziel te se pol fermar su in Osmiza un salto prima de andar de San Piero.
    E te lo troverà là a impetessarse.
  2. Perché xe meio un bicer de dalmato che l'amor mio che mi tradisce.
    Sì, ma in osmiza miga i te da dalmato.
    Coss'te frega, te son beco, sta zito e bevi.
  3. Perché i te dà de bever in quei biceri che ormai no te trovi più de nissuna altra parte: i biceri de otavo.
    Cussì te pol star atento a quanto vin te bevi.
    Ma tanto dopo el quarto no te sarà più in grado de contar.
  4. Perché... vin rosso o bianco?
    No so, l'importante xe cior anche ovi duri che fa fondin.
  5. Perché vardar el menu no servi, basta dir: "la me porti un piato con un poco de tuto per quatro, dei".
  6. Perché no ga oio de palma. Al limite oio de tricheco per onzerse el bunigolo.
  7. Perché xe un dei posti in cui te pol dar magiormente sfogio dela tua perfeta pronuncia triestina: omboglio, sagliame, ossocoglio, rucoglia... se no i ga el gl no i lo vendi.
  8. Perché comunque... ou ma questo ala fine iera ombolo o ossocolo?
  9. Perché xe un endemismo del Carso triestin che no so cossa vol dir ma fa figo.
  10. Perché el parsuto el par suto.
  11. (ve gavevimo dito che dopo el quarto bicer no te son più in grado de contar!) Perché se te son sgaio te imbriaghi le mule, te ghe disi che la frasca in realtà xe vischio e quindi dovè basarve là de soto.
  12. Perché xe un'usanza che risali al'impero austrungarico e quindi, come tute le robe austrungariche, xe una figada. E se stava meo co se stava pezo.
  13. Perché in osmiza xe ambientado el belissimo libro dal titolo L'Osmiza sul mare!
    Te lo trovi in tute le librerie de Trieste e Bisiacaria a 10 euri.
    Opur comodamente online a questo link.

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martedì 6 dicembre 2016

Le sfighe di Arsalan, genio della lampada moderno

Oggi proponiamo nientemeno che un'anteprima del nuovo libro L'Osmiza sul mare, che si trova già in tutte le librerie di Trieste a 10 euro oppure comodamente online sulla Botega di Trieste nonché già in formato ebook. Insoma grasso el dindio dei!

Il libro parla di un'osmiza, dove ventitré improbabili personaggi racconteranno altrettanto storie strampalate. Di umorismo, di filosofia, d'amore e di monade. C'è il tavolo dei vecchi, quello dei giovani poeti, quello dei viaggiatori, quello degli scienziati e infine il trespolo dei cocai, perché a Trieste anche loro hanno molto da dire.

La presentazione si terrà domenica 11 dicembre alle ore 18.30 presso il circolo D-Sotto, in via Bernini 2 a Trieste. Con ovvio piccolo rinfresco finale stile osmiza. Ma solo se fe i bravi ;)

La prima storia è il racconto dell'Oste Buontempone. E' la storia di Arsalan, genio della lampada moderno. Questo racconto è disponibile oggi A GRATIS in formato ebook a questo link.


ARSALAN, GENIO MODERNO

Questa storia ha come protagonista un signore di nome Giovanni. Un nome come qualunque altro, giusto per mettere subito in chiaro che non si tratta di una storia di epiche imprese né di eroi senza macchia e senza paura. Altrimenti un nome più appropriato sarebbe stato Ercole, Gianromualdo o Paride, o qualcosa di più esotico, tipo Jonathan, Kevin, Parsifal, Ramses e cose così… ma bon, non ha importanza.
Giovanni quella domenica stava passeggiando tranquillamente lungo uno dei suoi sentieri preferiti. Sotto il consueto paio di jeans logori e sdruciti indossava dei lunghi calzettoni, per tenersi al riparo dalle insidiose zecche, che con i primi caldi avevano già dato inizio alla loro attività di parassiti rompipalle. Una camicia a quadri con le maniche tirate su ne completava l’abbigliamento. In tasca giusto qualche moneta, per due calici in osmiza prima di rientrare a casa.
Dabbasso, si sentivano le voci di chi preferiva trascorrere il giorno festivo in riva al mare. Il sentiero infatti si sviluppava lungo il ciglione carsico, e da lì si godeva di un panorama eccezionale. Giovanni, quasi come un gatto, adorava cercare il punto più alto per poter avere la miglior visuale su tutto ciò che gli stava accadendo attorno, per poi sedersi a fantasticare sulla bellezza della natura e sulla complessità delle opere dell’uomo che poteva scorgere dal suo cantuccio, in cui solo sedeva, e sulla caducità di queste, destinate prima o poi a perire nell’obsolescenza dettata dall’inarrestabile scorrere del tempo… ma bon, non ha importanza.
Giovanni adorava quelle sue lunghe camminate. Lo aiutavano a prendere le distanze dai problemi di tutti i giorni. A dimenticarli, diluendoli piano piano con il canto degli uccellini e l’odore del bosco che lo circondava. Quella settimana era arrivata la bolletta della luce. E sicuramente c’era stato un errore, vista la cifra che gli veniva chiesto di pagare. L’indomani sarebbe andato a informarsi. Avrebbe preso il suo numero e avrebbe atteso in coda il suo turno per potersi lamentare. Poi sarebbe andato a ritirare la pensione, ben sapendo che questa volta non si sarebbe potuto sottrarre dall’ascolto delle nuove vantaggiose offerte che ogni volta gli operatori cercavano di rifilargli. Infine, gli restava l’appuntamento con la visita medica per il rinnovo della patente. Ma almeno lì sapeva che ad attenderlo c’era quasi sicuramente quella nuova dottoressa che tutti ricordavano per i modi vellutati, la perfetta simmetria, la prosperosa sensibilità e la soda professionalità, il tutto evidenziato dalla camicetta chiusa appena al terzo bottone… ma bon, non ha importanza.
Mentre il pensiero di questi appuntamenti stava pian piano lasciando posto alla pace circostante, Giovanni notò un luccichio alla base di un albero, poco al di fuori del sentiero.
Si avvicinò, incuriosito, facendo attenzione a non cadere dal ciglione, che proprio in quel punto finiva a strapiombo. Scostando delicatamente l’erba alta che la circondava, Giovanni si ritrovò tra le mani nientemeno che una lampada di ottone. Una lampada in tutto e per tutto simile a quella di Aladino, per capirci.
Sorpreso, si sedette su di un masso che si trovava lì accanto, e cominciò ad analizzare l’oggetto rinvenuto.
Aveva un aspetto antico e misterioso. Tuttavia, una volta ripulito per bene dai residui di terra sulla superficie, pareva quasi di nuova fattura, tanto che Giovanni, insospettito, iniziò a cercare la magica formula “Made in China”. Ma non trovò nulla di simile. L’unica sigla, scritta in caratteri che parevano richiamare sinuose movenze da danza del ventre, riportava enigmaticamente le lettere “C” e “G”. Vi era poi una fessura, rivolta verso l’alto, delle dimensioni di una moneta, che poteva far presumere che la lampada fosse semplicemente un originale salvadanaio, perso nel bosco da qualche sbadato marmocchio che forse ora lo stava cercando, o magari ne aveva già ricomprato un altro… ma bon, non ha importanza.
Fatto sta che Giovanni, affascinato dall’accaduto, si lasciò sopraffare dall’immaginazione e, una volta accertatosi di essere completamente solo, fece quello che avremmo fatto un po’ tutti: strofinò la lampada. Così, giusto per provare.
Con sua grande delusione, non uscì alcun genio. Al suo posto, una voce suadente recitò:

Benvenuto nel servizio Modern Genius & Co, la nuova linea di lampade in conformità con gli standard della Comunità dei Geni, nonché l’unica a poter vantare la certificazione “CG”, che ne garantisce il perfetto funzionamento nel rispetto di tutte le normative vigenti negli Stati in cui la lampada viene utilizzata. Per poter accedere alla consulenza del Genio, ti invitiamo ad inserire nell’apposita fessura l’obolo volto a garantire la copertura assicurativa, obbligatoria per la liceità del servizio, seguendo il tariffario comodamente scaricabile online su www.moderngenius.cg. La lampada non dà resto.

Giovanni, come potrete immaginare, rimase di stucco. Con la bocca semiaperta per lo stupore, continuò ad osservare l’oggetto, attendendo che succedesse qualcos’altro. Ma, dopo quel messaggio, non accadde più nulla. Tutto era tornato alla quiete di prima.
Così, ancora incredulo per quanto aveva appena udito, strofinò nuovamente la lampada, e ancora una volta la stessa voce ripeté lo stesso messaggio. Vinto dalla curiosità, nonostante il suo animo profondamente sparagnino, decise di provare a proseguire nell’avventura. Inutile a dirsi che non disponeva di un cellulare moderno con cui connettersi a internet per consultare il tariffario, fedele com’era al suo vecchio inossidabile Nokia 3310. Un telefono serve per telefonare, ricevere telefonate e basta, ripeteva sempre. Già mandare sms era qualcosa di extra, di cui non capiva lo scopo… ma bon, non ha importanza.
Da buon taccagno, decise dunque di provare con la moneta del minor valore che aveva in tasca. Dieci lire, che utilizzava al posto dell’euro per sganciare il carrello della spesa. La portava sempre con sé, perché “metti che un giorno un carrello se la mangi, si sarà mangiato dieci lire e non un euro.”
La inserì nella fessura, ma non successe nulla. Provò allora a rovesciare la lampada, nel tentativo di recuperare la moneta. Ma non percepì alcun suono né movimento, nemmeno scuotendola. Le sue preziose dieci lire sembravano essersi volatilizzate. Spazientito, sbottò: – Dannata lampada! Restituiscimi la mia moneta!
Al che, la solita voce rispose:

La lampada non dà resto. Per sollecitare la restituzione del denaro introdotto, collegarsi al sito www.moderngenius.cg e scaricare il modulo Inc.00L-4T4, da inoltrare debitamente compilato all’Ufficio Reclami, raggiungibile via fax allo 0053012616982. L’accettazione del reclamo non garantisce la restituzione di quanto richiesto.

Giovanni, rassegnato, in cuor suo disse così addio alle dieci lire. La curiosità, tuttavia, rimaneva. Si frugò velocemente nelle tasche, valutando l’opportunità di tentare la sorte con un’altra moneta. La scelta ricadde su un euro, cifra tonda e non grave perdita nel caso in cui la lampada si fosse mangiata pure quella.
– Mal che vada – pensò – mi resta ancora abbastanza per un calice in osmiza.
Stavolta la reazione della lampada fu immediata. La solita voce, che a Giovanni ormai non pareva più tanto suadente, recitò:

Grazie per aver scelto il servizio Modern Genius & Co. Vi ricordiamo che per la direttiva 69/2014 del Sindacato Geni, Maghi e Strolighi, nei giorni festivi alla tariffa base va aggiunto il contributo di solidarietà, da calcolarsi in base al nuovo Tasso Nazionale di Importanza Sociale della festività medesima.

Giovanni mugugnò. In effetti era domenica, giorno festivo. Si domandò quale fosse il contributo da aggiungere per questo tipo di festività. In fondo ci sono ben cinquantadue domeniche in un anno. Se non addirittura cinquantatre, quando il primo gennaio casca di domenica. O se l’anno è bisestile e il primo gennaio casca di sabato o domenica… ma bon, non ha importanza. Fatto sta che Giovanni decise che l’importanza sociale della domenica non poteva essere particolarmente elevata, e infilò 50 centesimi nella lampada.
Finalmente uscì il genio.
– Buongiorno! Sono Arsalan, codice identificativo operatore genio numero 175. Con chi ho il piacere di parlare?
– Un genio vero! Ma allora funziona! Piacere, io sono Giovanni.
– Piacere Giovanni. Non mi risulta alcun utente registrato con questo nome. Ti sei forse iscritto con qualche altro nickname?
– Nick cosa? Iscritto dove? Io pensavo semplicemente di poter esprimere qualche desiderio…
– Certo, ma il servizio desideri è attivo solo per gli utenti registrati. Quindi se non hai ancora un account, dovrai farlo ora. L’iscrizione è ovviamente gratuita.
– Gratuita non direi… mi sembra di averti già dato un euro e mezzo…
– Oh certo, intendi l’obolo per la copertura assicurativa. Grazie per il tuo contributo. Purtroppo sono ormai molti anni che per noi geni vige l’obbligo di stipulare una polizza di responsabilità civile contro terzi, da quando c’è stata la sentenza di cassazione sul caso Nizenom, quello stupido ragazzino americano.
– Perché? Cos’è successo?
– Ha vinto la causa intentata all’Ordine Dei Geni per essersi ferito alla mano mentre strofinava una lampada. A causa del risarcimento miliardario abbiamo rischiato la bancarotta.
– Miliardario? Così tanto per una ferita alla mano?
– Eh, al processo il ragazzino ha dichiarato che uno dei suoi desideri sarebbe stato quello di diventare il pittore più famoso della storia del mondo, quindi una ferita di quel tipo assumeva un valore esorbitante.
– Insomma vi ha fregato.
– Esatto. Da allora l’Ordine ha reso obbligatoria l’assicurazione, e noi dobbiamo richiedere un obolo ai nostri utenti per poterla pagare.
– D’accordo. Allora, cosa devo fare per iscrivermi?
– Mi serve giusto qualche dato. Nome?
– Giovanni Sonababic.
– Luogo e data di nascita.
– Trieste, 3 aprile del 1943.
– Residente a?
– Trieste, via di Basovizza 13.
– Codice fiscale?
– Anche il codice fiscale? Ma cos’è, l’agenzia delle entrate?
– Va bene dai, questo è opzionale. Basta così. Ora devi scegliere un nickname e una password.
– Cos’è un nickname?
– Il tuo soprannome per accedere al servizio. Puoi usare Giovanni se vuoi, è libero.
– Va bene, vada per Giovanni.
– Password? È praticamente una parola d’ordine che solo tu conosci.
– Ah, capisco. Metti “Sonababic” allora, così sono sicuro di ricordarla.
– Mi spiace, ma per la tua sicurezza non possiamo accettare il tuo cognome come password.
– Ragionevole. Metti “lampada”.
– Mi spiace, ma la password deve avere almeno nove caratteri.
– Mmmm… allora metti “passwordlampada”.
– Mi spiace, ma la password non può contenere la parola password.
– Orco tron. Metti “lampadatrieste”.
– Mi spiace, ma la password non può contenere riferimenti geografici.
– Comincio a stufarmi. Metti “Geniodemerdachepalle”.
– Mi spiace, ma la password deve contenere almeno un numero.
– Aaaaah!!! “Geniodemerdacheduepalle” andrà bene?
– Mi spiace, ma questa password è già utilizzata da un altro utente.
– Chissà come mai… rilancio: “strucaunbotonsaltaunmacaco”.
– Perfetto.
– Amen. Posso esprimere i miei desideri ora?
– Quasi. Prima devi dare il consenso al trattamento dei tuoi dati personali al fine di poterti garantire il servizio richiesto. Sai, è la nuova normativa sulla privacy…
– Beh certo, acconsento, altrimenti non te li avrei dati…
– Acconsenti anche al loro utilizzo a fini commerciali?
– Acconsento a tutto quello a cui c’è da acconsentire, basta che andiamo avanti.
– Perfetto.

Problemi di incontinenza? Niente da nascondere, prima o poi arrivano per tutti! Ma da oggi puoi provare i nuovi UltraPampel, perfetti per tutte le età, vincitori del prestigioso premio “Minzione d’onore 2016”.

– Ma… cos’era sta roba?
– Un jingle pubblicitario. Gli affari non vanno più come una volta per cui l’Ordine Dei Geni ha stipulato un contratto con una concessionaria di réclame. I nostri principali introiti arrivano da qui.
– Ho capito, ma perché proprio una pubblicità di pannoloni?
– Sono réclame targetizzate in base ai dati personali degli utenti registrati. Tu risulti il potenziale acquirente perfetto.
– Ringrazio. Posso esprimere i miei desideri ora?
– Certo! Arsalan è al tuo totale servizio. Hai due desideri residui. Cosa vuoi che faccia?
– Ma come due? Non erano tre?
– Ah, bei tempi quelli. Ora purtroppo ci sono ancora le accise da pagare per la guerra contro i maghi di cento anni fa. Ogni tre desideri, uno viene tassato dall’Ordine, per cui te ne restano due, mi spiace.
– Va bene dai, tempi moderni e crisi per tutti. Accontentiamoci. Senti… i desideri restano fra me e te vero, non è che vai a raccontarli in giro…
– No, no, tranquillo, abbiamo un inappuntabile codice etico che ci impedisce di rendere pubblici i desideri espressi.
– Okay. Allora diciamo che… ma sì dai… non l’ho mai fatto in fondo, togliamoci sto sfizio almeno da vecchio. Il mio primo desiderio è: vorrei passare una notte con le dieci ragazze più belle del mondo.
– Ah, notevole! Tra l’altro uno dei desideri più gettonati, devo dire…
– Bene! Quindi stasera lo esaudirai?
– Certo! Tuttavia, a causa della delibera 69/13 del Ministero delle Pari Opportunità contro le discriminazioni di genere, la sola presenza femminile è illecita in quanto verrebbero a mancare le quote azzurre, gialle, viola, verdi, rosse, blu e arcobaleno. Per poter passare la notte con dieci donne eterosessuali, dovranno anche essere presenti e partecipi almeno: cinque maschi eterosessuali, cinque gay, cinque lesbiche, cinque transgender, cinque travestiti, cinque drag queen, cinque bisex…
– Ok, ok, ok, ho capito. Facciamo che rinuncio a questo desiderio. Cambiamo totalmente campo. Da giovane avrei voluto diventare una cantante famoso, mi sarebbe piaciuto essere il John Lennon italiano. Anzi, Paul McCartney, che era anche più bello. Ora diciamo che preferisco qualcosa di più tranquillo, ma di maggior fascino. Morricone. Ecco, mi piacerebbe diventare bravo come Ennio Morricone, e autore di mille composizioni famose in tutto il mondo.
– Perfetto, non c’è problema. È un desiderio elementare facilmente esaudibile. Mi serve solo che compili i moduli DRM2 e Label Copy per la SIAE, pagando i diritti d’autore sugli album pubblicati e una volta ricevuti i contrassegni regolarmente vidimati potremo procedere.
– In che senso pagare i diritti d’autore? Sarei io l’autore!
– Naturalmente, ma per tutelare al meglio i tuoi interessi è previsto che chiunque utilizzi le tue canzoni paghi i diritti d’autore, quindi anche tu. Diritti che poi, essendo tu stesso l’autore, ti verranno reindirizzati, decurtati della giusta percentuale necessaria per questo egregio servizio di tutela. Per mille canzoni, quindi diciamo cento album circa, la spesa dovrebbe aggirarsi attorno ai settantamila euro.
– Ma io non ho settantamila euro!
– Hai però un secondo desiderio…
– Sì ma… allora, facciamo così. Tieni un attimo fermo il primo. Lo mettiamo in forse. Ora, se io ti chiedessi questi settantamila euro, anzi, facciamo centomila, cifra tonda… anzi, grasso il dindio, facciamo un milione di euro. Li avrei qua in mano subito?
– Eh no! Per la legge di stabilità il massimo di contanti trasferibili sarebbe di mille euro. Per un milione di euro dovrei farti un bonifico, ma un trasferimento di questo tipo sarebbe immediatamente tassato del 50% per la nuova disposizione 43/2016 bis dell’Agenzia Delle Entrate. Incorreresti inoltre nel servizio SPIA – Sequestro Preventivo Introiti Accumulati che, dopo aver passato al setaccio i tuoi conti italiani ed esteri, le tue proprietà, i tuoi materassi, i tuoi cassetti, le tue mutande e i tuoi calzini bucati, te li restituirebbe, a meno che non sia stata trovata qualche irregolarità, nei tempi necessari, decurtati della giusta percentuale necessaria per questo egregio servizio di tutela.
– Ho capito, lasciamo stare. Ci sarà qualcosa di più semplice a questo mondo. E se puntassi su un grande classico… che ne so, una vittoria alla lotteria?
– Questo è un desiderio messo al bando dall’Ordine dei Geni a causa della diffida 48/2013 ricevuta dall’Antitrust, autorità garante della concorrenza e del mercato.
– Se trovassi una valigia piena di soldi nel bosco?
– Su questo tipo di desideri c’è il diritto di prelazione da parte di un’importante organizzazione non governativa.
– Che organizzazione non governativa?
– Shhh… Cu è surdu, orbu e taci, campa cent’anni ‘n paci. Chiddu è lu bonu chi vidi e taci… baciamo le mani…
– Ah ecco, mancava nel quadretto…

Non riesci più a mordere nemmeno il tonno che si taglia con un grissino? Prova le nostre nuove dentiere Senzadent, le creiamo su misura per te. Da oggi disponibili anche nei modelli speciali Vampiro, per un fascino tutto canino, e Gatto, per un sorriso sei volte incisivo.

– E riecco la pubblicità targetizzata. Ringrazio per l’ottima considerazione. Senti genio, qua si fa buio e non sono ancora riuscito ad esprimere un desiderio…
– Chiamami pure Arsalan, sempre al tuo servizio senza limiti di tempo. Hai ancora due desideri a disposizione.
– Lo so benissimo! Dai, proviamo con qualcosa di più… altruista. Vorrei… vorrei… vorrei la pace nel mondo, ecco.
– Mi spiace, ma questo desiderio è protetto dal copyright dei concorsi di bellezza.
– E allora… quando è troppo è troppo. Facciamo così Arsalan, esprimo il desiderio che tu mi restituisca il mio euro e cinquanta, dopodiché vado a bermi i miei calici in osmiza e siamo amici come prima.
– Desideri la ricevuta?
– Ma sì, grazie, almeno mi resterà un ricordo di questa storia strampalata.
– Perfetto. Ecco fatto!

Giovanni si ritrovò in mano un euro e venti. Sulla ricevuta spiccava regolare la ritenuta d’acconto di trenta centesimi. Con calma, prese in mano la lampada. La osservò, ripensando a quanto era appena accaduto. Poi, all’improvviso, la scagliò con tutte le sue forze verso il dirupo. La vide rimbalzare su qualche roccia per poi finire nell’azzurro del mare.
Arsalan gridò.
– Noooooo! Ti prego! Lì non mi troverà più nessuno! Sarò costretto a vivere sott’acqua per il resto della mia esistenza… Ti prego, recupera la lampada, ti supplico! Farò qualsiasi cosa… qualsiasi. Ti darò tre desideri, te lo prometto. Tre desideri in nero, aumma aumma, uacciuari, inter nos, quello che vuoi. Ma ti prego, tira fuori la mia lampada dal mare!
Giovanni lo guardò, con serafica serenità.
– Mio caro Arsalan, lo farei volentieri, ma purtroppo quella è un’Area Marina Protetta, e lì non si può entrare. Servono permessi speciali, moduli da compilare, firme e registri di presenza. Ma chissà, magari il mese prossimo mi prende la voglia e faccio tutta la trafila burocratica per salvarti. Per il momento mi accontento di poter ancora ordinare da bere senza portare all’oste le analisi del sangue. Buona giornata!